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CALCIO

Calcio, arrivano i Fondi. Ora i club sapranno spendere i soldi dei diritti tv?

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La Serie A ha due strade: investire in stadi e vivai o continuare a strapagare i calciatori.

Fonte: Giuseppe Colombo Business editor L’Huffington Post

Si chiamano diritti tv. I club portano le gesta dei propri giocatori nelle case degli italiani e in cambio ottengono dei soldi da parte degli operatori che assolvono a questo compito attraverso le telecamere dentro gli stadi. I soldi dei diritti tv sono soldi che contano perché rappresentano il 75% dell’industria italiana del calcio. E sono soldi che contano per accaparrarsi i giocatori migliori e dare seguito alla legge maestra di questo sport: avere la squadra migliore per vincere. Questi soldi, però, sono sempre meno. Ecco allora che la Lega di serie A ha pensato a una nuova strategia: creare una media company per la gestione e la vendita di questi diritti. Dentro ci saranno anche i fondi di private equity, gente che gioca con le regole dei mercati internazionali. La mossa della Lega è solo un modo per ingrossare le casse dei club o spingerà il calcio italiano verso un modello virtuoso in termini di investimenti per l’intero sistema? 

La fondatezza del quesito affonda le sue ragioni nel passato. Perché da quando esistono i diritti tv esiste ovviamente anche la spartizione degli introiti tra i club. E questi introiti sono stati quasi sempre utilizzati per comprare e pagare giocatori costosissimi, ognuno in proporzione alla quota incassata. Quasi mai, invece, per fare della Lega o comunque degli stessi club dei player di investimento per far crescere il calcio. E cioè investire i soldi messi negli anni sul piatto da Tele+, Mediaset, piuttosto che da Sky o Dazn, per tirare su strutture adeguate, vivai per i talenti italiani, più in generali investimenti non legati esclusivamente al costo del cartellino dei giocatori. Il focus su diritti tv è sempre stato un altro e cioè i criteri per dividersi gli introiti. Negli anni sempre meno (l’incasso attuale è intorno a 1,3 miliardi all’anno), ma comunque fondamentali. E qui si apre un’altra questione e cioè l’anomalia italiana della suddivisione. Solo il 50% degli incassi viene diviso in parti uguali tra le 20 società di serie A, mentre un altro 20% va a chi porta più tifosi allo stadio, un 15% a chi ha conseguito i risultati migliori nell’ultima stagione, il 10% dipende dai risultati degli ultimi cinque anni e una fetta del 5% ha a che fare con la storia del club. 

Ma nelle ultime stagioni i bandi per la vendita dei diritti tv sono sempre stati tiratissimi. L’appeal per le immagini dei goal delle serie A è in calo, i soldi che gli operatori broadcast sono disposti a sborsare sempre meno. La Premier League inglese, per fare un esempio, incassa più del doppio della Lega di serie A. Ecco allora che i 20 presidenti di serie A, all’unanimità, provano a uscire dall’angolo con la costruzione della media company. La Lega si fa in due, con l’anima politica che resta sotto il controllo esclusivo dei presidenti dei club, mentre l’anima finanziaria dei diritti tv viene cogestita insieme ai Fondi. La newco non è ancora stata costituita, le resistenze di alcuni presidenti sono ancora coriacee, ma la direzione è stata impressa. Alla finestra ci sono due cordate (Cvc, Advent e Fsi da una parte e Bain-Nb Renaissance dall’altra). La fetta della nuova società per cui sono disposte a investire rispettivamente 1,6 miliardi e 1,3 miliardi è pari al 10 per cento. Una percentuale che in termini di peso è nettamente inferiore al 90% che sarà in mano alla Lega, ma i poteri e i bilanciamenti nella stanza dei bottoni non sono ancora stati decisi e comunque l’apertura denota la necessità di avere i Fondi dentro casa e quindi anche l’obbligo di farli contare nelle strategie. Questi Fondi porteranno soldi freschi e allo stesso tempo gestiranno la vendita dei diritti tv insieme alla Lega portando un loro modello di business. Detto in poche parole: se i soldi che si possono fare con i diritti tv sono sempre legati alle disponibilità degli operatori come Sky o Dazn e essendo sempre meno questi soldi, ecco allora che bisogna trovare un modo per fare più soldi. Tutto questo passa dalla necessità di diversificare, di sondare nuovi prodotti e nuovi mercati. Dino Ruta, professore in sport e management all’università Bocconi e grande esperto di diritti tv, inquadra così la questione con Huffpost: “La media company è la chiave di volta per creare indipendenza tra la Lega e i proprietari. I Fondi avranno un ruolo nella governance e saranno interessati alla crescita della Lega che è un’entità separata dai club. Tante volte la crescita della stessa Lega e dei diritti tv è stata compromessa proprio dalle scelte dei club”. 

Ma al di là di chi avrà in mano il boccino dei diritti tv, cosa cambierà per il mondo del calcio? Sempre Ruta: “Il campionato di calcio italiano può avere la possibilità di vendere i propri contenuti in modalità diverse, immagini, stories, contenuti digitali, e li potrà vendere in piattaforme diverse e in tutto il mondo”. Il mercato oggi è ristretto alla vendita tradizionale della partita in Italia a Sky e Dazn, più qualche pezzo delle partite all’estero. Il primo effetto positivo dalla media company potrebbe essere quindi quello di incassare di più diversificando il prodotto (gli spezzoni di alcune partite di alcuni campionati europei sono trasmesse anche su Amazon) su un mercato internazionale e non solo interno. Ma questa strategia è legata alla gestione della stessa società. Duna, infatti, sottolinea che la media company può essere la chiave di volta “se nella governance si creeranno i giusti meccanismi, con i club che non dovranno sperperare questa ricchezza ma reinvestirla, altrimenti si riduce tutto a un incasso”. Ritorna qui il comportamento atavico dei club “che hanno usato i soldi dei diritti tv per comprare e pagare i giocatori mentre all’estero ad esempio hanno investito sugli stadi”. 

La rivoluzione attesa sui diritti tv potrebbe avere un impatto anche sui consumatori finali. L’esperto spiega che la diversificazione dei prodotti della Lega “potrebbe indurre i tifosi a spendere di più per prodotti, servizi, contenuti e app. L’arrivo dei Fondi genererà automaticamente una maggiore “manageralizzazione” della Lega: si inizierà a lavorare su prodotti sempre più articolati, con la Lega che diventerà un imprenditore, con un modello americano tutto puntato sul mercato. Magari venderà anche a Sky ma potrebbe vendere anche ad Amazon”. Sarà la volta buona? L’urgenza c’è. Il bando triennale per i diritti ancora non si vede (la Lega promette che arriverà in tempi brevi) e l’ultimo, quello 2018-2021, ha portato in cassa appena 4,2 miliardi. A Londra la partita è fruttata 9 miliardi. È il calcio, bellezza.




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